CRISI DI IMPRESA

DSCR e ACCESSO AL CREDITO

Il Codice sulla crisi di impresa e dell’insolvenza (che sostituisce la legge Fallimentare L.267/1942), che sarebbe dovuto entrare in vigore il 14 Agosto di questo anno (ma differito al 1° Settembre 2021 ad opera del D.L. 23/2020 cosiddetto “Decreto Liquidità”), sarà applicato nei confronti di tutte le aziende di ogni settore e grandezza.

Per trattare l’argomento in oggetto, ci focalizzeremo su tre articoli in particolare del citato Codice, riportati in seguito e che ci chiariranno:

  • il perché dell’utilizzo di determinati strumenti (indici di Alert e Dscr);

  • gli obblighi di segnalazione che ne derivano;

  • l’impatto concreto nei confronti dei “partners finanziari” dell’impresa, in particolare il sistema Creditizio.

Con il Codice sulla crisi di impresa e dell’insolvenza il Legislatore ha inteso stabilire gli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore, delegando all’Ondcec (Ordine naz. dottori commercialisti ed esperti contabili), l’individuazione degli Alert che faranno emergere i gap economici/finanziari/patrimoniali dal bilancio dell’impresa, conclamando l’avvio della fase di “stato di crisi” (art.13).

Gli obblighi di segnalazione all’OCCRI (organismo di composizione della crisi presso la CCIAA) derivanti, sono posti a carico di soggetti sia interni all’azienda (Sindaci, Revisori, ecc.) che di soggetti esterni (individuati come Creditori Qualificati, Ag.Entrate, INPS, Ag. Riscossione).

Il Legislatore stabilisce la perdita di particolari “tutele” e/o “diritti” in caso di ritardata/omessa segnalazione dello stato di crisi, sia a carico degli organi interni che saranno chiamati a “solidale responsabilità” con l’amministratore, sia per i Creditori Qualificati che perderanno il privilegio sui crediti contributivi/erariali vantati (art.14 e 15).

L’individuazione di tali indici (Alert e Dscr) da parte dell’Ondcec, non è stata semplice tanto che tutt’ora ne è in corso l’approvazione da parte del Mise. Ma sostanzialmente si concretizza in due distinte elaborazioni che faranno emergere dal Bilancio i già richiamati Alert (qualora ve ne siano) e il più importante tra i due segnalatori, il Dscr (debt service coverage ratio) in grado di far percepire la perdita o meno della continuità aziendale. Questo indice infatti, ci dirà se l’azienda, in base ai suoi flussi di cassa prospettici, sarà in grado di ripagare i debiti contratti, almeno per i prossimi sei mesi.

L’elaborazione di questi indici presuppone una “struttura amministrativa aziendale proporzionata alle dimensioni dell’azienda stessa” composta da figure professionali adeguate (Risk Manager) nonché da software in grado di elaborare “tempestivamente” la situazione contabile dell’impresa aggiornandola real time. In effetti, presupponendo di essere noi il Risk Manager e di dover fornire all’O.di Controllo, una situazione contabile che evidenzi eventuali squilibri, nonché un panorama prospettico dei flussi di cassa dei prossimi sei mesi per stabilire la sostenibilità dei debiti, sarebbe impensabile non disporre di tutti i dati aggiornati ad una data “ragionevole”. Peraltro risulta indispensabile disporre delle informazioni relative a tutti i fenomeni finanziari in corso nell’azienda, per consentire, ove non fosse possibile coprire i debiti a breve con le entrate correnti, di poter disporre di risorse finanziarie “patrimonializzate” per poter far fronte agli impegni imminenti (probabile nonché plausibile risposta dell’imprenditore alla richiesta del sindaco/revisore che rilevi delle discrepanze dal Dscr).

Si evidenzia naturalmente la necessità di avere a disposizione dei presidi che tengano sotto controllo una serie di dati, dai crediti scaduti e a scadere alle rate dei finanziamenti, adempimenti fiscali, fornitori, ecc., ovvero la cosiddetta Tesoreria.

Emerge in maniera lampante la volontà del Legislatore di mettere in risalto la necessità di una presenza forte all’interno degli assetti delle imprese di managerialità specialistica nel campo economico-finanziario. Lo sforzo che il professionista e il consulente in genere devono sostenere in questo momento, (oltre tanti altri) è quello di far percepire l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico del Nuovo Codice sulla Crisi di Impresa, non come un ulteriore scialbo adempimento così come attualmente viene percepito dall’imprenditore, ma come il cruscotto della sua Ferrari che gli consenta di guidare in tutta tranquillità e di programmare serenamente gli investimenti per l’ampliamento del suo business.

Questo è il passaggio indispensabile per poter evolvere da piccole e medie aziende, ad aziende di grandi dimensioni in grado di competere sui mercati della globalizzazione. La necessità di dotarsi di una struttura (figure specialistiche interne o esterne) e di un software (certamente non a buon mercato), trova un’ulteriore risposta nel coinvolgimento nel processo della Crisi di Impresa, degli Istituti di Credito. Questi ultimi infatti saranno chiamati a intervistare l’imprenditore qualora rilevino nel bilancio aziendale, indici di Alert evidenziati dalle proprie procedure, chiedendo come ed entro quanto intenda sistemare o far fronte al gap riscontrato. Pena la revoca delle linee di credito a suo tempo concesse, con conseguente obbligo di segnalazione agli Organi di Controllo interni all’azienda.  Quindi, come vediamo, anche gli Istituti di Credito sono coinvolti dall’attuazione del Nuovo Codice. Non potrebbe essere altrimenti tra l’altro, considerato che la crisi di impresa, coinvolge quasi sempre il famoso trio “Banche-Fisco-Fornitori ”(cfr. default Istituti di Credito  dovuti al credito deteriorato “famosi NPL”).

Dopo la crisi finanziaria del 2008, che è stata prettamente una crisi di liquidità, il sistema finanziario mondiale, ha innalzato il livello di analisi cui vengono sottoposti i bilanci delle aziende per l’ottenimento del credito (ciò costituì una novità del 1°pilastro di Basilea 2 nel 2004). Nel corso del tempo si è passati infatti dalla pratica di affidamento “a naso” delegata al responsabile di filiale che “ben conosceva” il proprio cliente cui concedeva credito, ad un analisi demandata al “settorista” che ne valutava il merito creditizio in base ai dati di bilancio, per giungere in ultimo ad uno scoring elaborato da un software che incrocia dati di bilancio, con dati provenienti dalla Banca d’Italia più altre banche dati e l’andamentale del rapporto di conto dell’azienda richiedente credito. Il cosiddetto semaforo sancirà la possibilità di ottenere credito o meno per la nostra impresa che si vedrà assegnare un rating dal proprio Istituto.

Dobbiamo sapere, al fin di poter fare delle “valutazioni e considerazioni a ragion veduta”, che questo punteggio ottenuto, non è fine a sé stesso, ma determina l’accantonamento che l’Istituto di Credito dovrà fare in base alle linee di credito concesse (cfr. Basilea 1 “requisiti patrimoniali minimi”). Pertanto, quanto “migliore” sarà il rating dell’azienda, tanto minore sarà l’accantonamento che la Banca dovrà fare, e viceversa.

Il perché “della stretta creditizia” nelle erogazioni cui assistiamo, trova fondamento proprio nel deterioramento dei rating delle imprese. Poi ci potremmo anche cimentare nel trovare le cause di ciò, nelle crisi economiche, la burocrazia, le difficoltà nella riscossione dei crediti, ecc. Ma le vere cause sono da ricercare nelle strutture patrimoniali/finanziarie “leggerissime” delle nostre imprese, nell’assenza di organizzazione, ricerca, innovazione, nonché di managerialità e professionalità alla guida delle stesse.

Per concludere l’analisi, ne ricaviamo che l’azienda avrà il compito di valutare se stessa, utilizzando gli strumenti di cui abbiamo precedentemente parlato. Di contro, l’Istituto di Credito, essendo sottoposto alla vigilianza  degli OdC (Bankit, BCE, ecc.) estende tale valutazione ad una platea di migliaia imprese, mappando le stesse per scale di rischio (rating) e conseguentemente accantonando cifre molto importanti che non concorrono alla redditività dell’Istituto stesso (si parla infatti di costo del credito). Pertanto se nella determinazione del Dscr, il Risk manager interno all’azienda, otterrà una proiezione in grado di assicurare il soddisfacimento degli impegni assunti nel tempo, ciò sarà di conforto all’Istituto di Credito nella valutazione della capacità dell’azienda richiedente, di rientrare del fido accordato, del finanziamento o del mutuo, ecc. Va detto in ultima analisi che, almeno per il momento, gli Istituti di Credito non dispongono delle informazioni necessarie a determinare questo indice interno all’azienda (Dscr), mentre sicuramente gli indici di Alert “dovrebbero parlare la stessa lingua” per aziende e Banche.

Gli strumenti a disposizione dell’imprenditore non saranno certamente gli stessi utilizzati dagli Istituti di Credito, ma sicuramente concorreranno alle stesse valutazioni e conclusioni qualora vengano utilizzati da figure altamente specialistiche. Pertanto al fine di comprendere ed anticipare, anziché restare a recriminare sul mancato ottenimento di un finanziamento, sulla mancata approvazione di un progetto, sulle lungaggini del settore creditizio (che talvolta sono premonitrici di diniego), sarà l’approccio a figure specialistiche consulenziali, la chiave di volta per il successo delle nostre iniziative. A tale richiesta (per ora molto flebile, quanto inesistente) si farà fronte attraverso società di consulenza che offrono servizi di valutazione rating, miglioramento del grado di bancabilità delle aziende, pre valutazione finanziaria, controllo degli Alert della crisi di impresa, formazione del personale, ecc.

Non resta che favorire l’incontro tra richiesta di CONSULENZA e offerta, anche se dobbiamo dire che solitamente non si acquista ciò che non si conosce così come non si sa quanto possa essere salutare un determinato cibo per la nostra dieta, se non lo abbiamo mai introdotto!

A questo punto, sperando di essere stati esaustivi circa gli di Alert di cui dispone l’impresa e del loro perché, il coinvolgimento del sistema bancario per la determinazione del merito creditizio, avendo chiarito quale potrà essere il punto di incontro impresa-istituto di credito, nonché il motivo della apparente chiusura del sistema del credito (apparente in quanto per creare valore gli Istituti di Credito non possono che erogare credito), non resta che esortare l’imprenditore: ad investire nella crescita culturale del proprio personale, nel migliorare la struttura organizzativa della propria impresa, nell’investire in ricerca e sviluppo e in innovazione tecnologica-digitale, in definitiva ad INVESTIRE IN CONSULENZA.